martedì 3 gennaio 2023

Interview with Runo B







Runo B, classe 1992, è artista visivo di origine cinese che vive e lavora a Venezia. La sua ricerca è caratterizzata dalla contaminazione culturale della sua città natale e del contesto in cui lavora, da cui nascono una serie di opere dove la narrazione è una fusione di realtà differenti. Fly Me Home è la sua personale all'interno del ristorante cinese Qian Sheng di Mestre, Venezia; un viaggio e un ricordo della proprie origini realizzato dall'artista attraverso i piatti serviti dal ristorante legati al ricordo di casa anche se lontana. 

Chi è Runo B e qual'è il percorso che ti ha portato a diventare artista?
Runo B è un earthling, uno spettatore e un elaboratore. Innanzitutto "Runo B" deriva da uno scherzo (l'errore di ortografia di Bruno), la scelta di questo nome significa per me che è una pratica di offuscamento e perdita della mia identità. Ho un senso di identità diverso quando i miei amici italiani mi chiamano Bruno o i miei amici cinesi mi chiamano Xiaodong. Ma quando dipingo, preferisco mettere da parte la mia identità e la mia etnia ed esprimermi come un essere umano naturale e spero che il pubblico presti più attenzione ai miei lavori piuttosto che essere immediatamente attratto da un background culturale o da uno stereotipo vedendo un nome. Per quanto riguarda il motivo per cui ho scelto l'arte, penso che sia amore puro, ma non ci sono parole per descrivere questo sentimento.

La tua pittura unisce differenti culture e influssi, cosa la caratterizza e come prender forma la narrativa all'interno delle tue tele?
Attualmente uso principalmente il linguaggio della pittura per tradurre le informazioni raccolte in un'immagine pluralistica; queste immagini sono sia orientali che occidentali, sono aperte e spero che possano essere associate a persone orientali e occidentali quando le vedono. Quando creo i miei lavori, il mio cervello è l'elaboratore, e quando mi trovo di fronte a diversi contesti sociali, culturali e politici, elaboro le informazioni in una sorta di frantumazione che poi spruzzo sulla mia tela come un jet, e la narrazione che ne risulta è caratterizzata dal mio ambiente attuale. Chi mi conosce penserà che è normale se i miei lavori negli ultimi due anni sono stati più profondi; il che è legato al fatto che ricevo informazioni diverse dalla Cina e dall'Italia allo stesso tempo.

A day in a heaven, a year on hearth, Cliff hanger IV e The last unvaccinated man II sono alcune tue opere caratterizzate dalla serialità dove il soggetto è ripetuto numerose volte. Come prendono forma queste serie e cosa contraddistingue questo approccio?  
Queste storie sono umoristiche e drammatiche allo stesso tempo, mi piace creare composizioni e momenti classici nel modo dei lavori su larga scala, ma la ricerca e la scelta di tali momenti richiede studio, quindi la creazione di questi monotipi, piccoli dipinti, diventa il mio metodo di ricerca. Ho anche creato Cliffhanger I, Cliffhanger II e Cliffhanger III che mi hanno sorpreso, quindi in futuro questo tipo di ricerca potrebbe diventare il mio nuovo metodo di creazione o di esplorazione.

Come nasce Fly Me Home? la tua personale all'interno del ristorante Qian Sheng
Innanzitutto, Qian Sheng è un ristorante speciale a Venezia, quasi tutti i clienti sono cinesi, vado spesso a mangiare li e ci porto anche i miei amici. In secondo luogo, molti dei miei lavori sono legati al cibo e Qian Sheng è da un lato un luogo di socializzazione per me, dall'altro un luogo importante per ricordare il gusto della mia città natale; è gradualmente diventato un luogo speciale. E' stato molto significativo per me realizzare un progetto in uno spazio così speciale e interessante. La serie "The matto" è stata il soggetto principale dei miei lavori nel corso degli ultimi anni, uso "il matto" come sfondo per insinuare me stesso, quei cinesi che non possono tornare nella loro città natale, che si riuniscono per mangiare attorno ad un tavolo, immersi nel fumo soffocante del Qian Sheng e godendo dei cibi piccanti. In questo spazio simile a un megafono, dove trasmetto le mie emozioni alla mia città d'origine, lontana, attraverso le vibrazioni sonore incorporate/connotate nelle immagini, grido alla mia città natale, un grido debole e frenetico... Per coincidenza, a settembre ho parlato di questa idea a Luca Massimo Barbero, che si è dimostrato molto interessato a collaborare e ad aiutarmi a presentare questo progetto; abbiamo discusso a lungo sul tema, sui lavori e sulla presentazione del progetto, che è stato presentato a dicembre nel ristorante con la personale dai titolo Fly Me Home. 



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