venerdì 27 luglio 2018

Interview with Luca Savettiere

Luca Savettiere, classe 1976, è fotografo palermitano. I suoi scatti raffigurano il paesaggio urbano della Sicilia, attraverso i luoghi contraddistinti dal passaggio dell'uomo nonostante la sua assenza, dove la luce tenue diventa presenza nel paesaggio. Di seguito vi propongo la mia chiaccherata con Luca in relazione ai suoi lavori.


Chi è Luca Savettiere e qual è il percorso che ti ha portato a diventare fotografo?
Fin dall'adolescenza ho avuto la necessità di "possedere" uno strumento linguistico che permettesse di esprimermi: ho scritto poesie, racconti brevi, ho disegnato (con scarsissimi risultati), ho suonato strumenti, ho fotografato e non so quante altre cose ho provato per poter fare uscire quello che avevo da esprimere. Purtroppo nessuno degli strumenti provati mi diede, a quel tempo, le soddisfazioni che ricercavo. Poi è arrivata la formazione accademica, che inizialmente mi fece credere che, non essendo in grado di produrre, potevo solo studiare opere e artisti. Ad un certo punto ecco il primo colpo di fulmine: partecipo ad un workshop di Studio Azzurro all'università di Palermo e scopro, grazie a Leonardo Sangiorgi e al giovanissimo Antonio Augugliaro, che sono in grado di esprimermi attraverso le immagini video, che mi piace farlo e che puù diventare una professione. Intanto continua la formazione accademica e dopo laurea, specializzazione e master, comincio un dottorato di ricerca alla Sapienza di Roma (mai terminato, purtroppo). In questi anni mi dedico professionalmente alla produzione e a livello accademico alla ricerca. Siamo nel luglio del 2007, per essere precisi il 27, ed accade la cosa che cambia la mia vita: di ritorno da una cena con amici, la vespa su cui viaggio viene tamponata da un pirata della strada ed io rimango vivo per miracolo. Passo un anno difficile, tra operazioni, fisioterapia ed un pizzico di depressione dovuta anche al fatto che il pirata resterà per sempre ignoto. In questo periodo mi riavvicino alla fotografia, ne scopro le vere potenzialità e scopro i benefici del mio rapporto con essa. Non la lascerò mai più, è il mio psicologo/psicoterapeuta personale. Non c'è essere vivente con cui sono più sincero e non esiste amico più sincero di lei con me. I tuoi scatti raffigurano i luoghi della Sicilia, un omaggio alla tua terra.

Cosa caratterizza la tua ricerca fotografica e qual è il ruolo dell'isola?
Il mio rapporto con il luogo in cui vivo è legato ad un aspetto pratico: vivo e lavoro in Sicilia, ho un'agenzia di comunicazione e faccio il fotografo in ambito "commerciale". Questo mi ha obbligato a trovare il modo di far diventare la Sicilia, i luoghi che mi circondano ogni giorno i soggetti su cui lavorare per poter strutturare un linguaggio. La mia ricerca è caratterizzata dal tentativo di raccontare i luoghi che fotografo in maniera sincera, senza banalizzare nè gli aspetti negativi nè tantomeno quelli positivi. Amo le stratificazioni, i segni del passaggio dell'essere umano, la calma che racconta il movimento di un luogo, la Sicilia, che calmo, tranquillo e banale non lo è stato mai. Immortali spesso soggetti banali, il paesaggio attorno a te, caratterizzati da una luce naturale, immagini che evocano i ricordi di ognuno.


Qual è l'attimo in cui decidi che la composizione e il soggetto sono quelli giusti per lo scatto? 
I soggetti sono banali e, aggiungo, sono fotografati in piedi ad altezza umana. Con questo intendo dar forza a ciò che dicevo prima, e cioè che il mio è un racconto sincero, visibile da tutti, senza la ricerca di punti di vista assurdi o posizioni circensi. Generalmente preferisco la luce della mattina, anche perchè amo svegliarmi presto e godermi il silenzio dei luoghi che fotografo quando ancora non sono popolati. Di solito scelgo un luogo ed un orario e poi comincio a vagare. In auto, in moto, a piedi, semplicemente guardo il mondo che mi circonda, senza cercare cose particolari, ma solo godendomi la solitudine e l'atmosfera. Le situazioni che fotografo mi si presentano davanti da sole, in genere rimango qualche secondo a guardarle stupito dal fatto che siano li davanti a me senza che io abbia fatto alcuno sforzo per trovarle o per crearle. In realtà quello che fotografo non sono ne oggetti ne paesaggi, ma stati d'animo, quasi sempre positivi.

Vorrei che mi raccontassi del progetto Piemonte, Messina, una serie di scatti sull'ospedale abbandonato. Come nasce e cosa lo caratterizza?
Quello del Piemonte è un lavoro particolare: alla mia agenzia viene commissionata dall'IRCCS Bonino Pulejo di Messina (struttura a cui viene assegnato il difficile compito di rimettere in piedi l'ospedale) e dall'agenzia che ne segue la comunicazione (DRT) la produzione di tre video che devono raccontare le condizioni dell'ospedale, l'inizio dei lavori di restauro e il completamento di una parte del recupero dell'ospedale e della riconsegna alla città di Messina. Dopo un primo sopralluogo rimango folgorato da quei luoghi tanto vuoti e abbandonati quanto pieni di vita vissuta e propongo ai miei interlocutori il lavoro fotografico da cui scaturirˆ una pubblicazione e di cui se ne può vedere una selezione sul mio sito internet. Li dentro ho fatto quello che so fare meglio: camminare, guardare, farmi trascinare dagli stati d'animo e dai luoghi, piazzare la macchina e scattare. Più o meno ho fatto quello che fa un archeologo, ho guardato tra gli strati di sedimenti che dalla sua costruzione terminata nel 1912 si sono adagiati l'uno sull'altro fino ad oggi. Strati di sedimenti che raccontano sofferenza, incuria, abbandono, cattiva gestione e tante altre brutte cose di cui purtroppo la nostra terra è ricca. Ho fotografato questi sedimenti ed ho cercato di costruire un percorso di immagini che potesse raccontare con passione e senza polemica gratuita le condizioni di quel luogo che adesso sembra, finalmente, pian piano riprendere la sua dignità.

Per terminare mi piacerebbe sapere se c'è uno scatto a cui tieni particolarmente?
Sì, direi il "lapino" (come chiamiamo in Sicilia l'ape piaggio) con dietro il mare e l'orizzonte è sicuramente lo scatto che rappresenta meglio il mio rapporto con lo spazio che mi circonda, ed il mio approccio ai soggetti che fotografo ed è anche lo scatto che ha dato il via ad una evoluzione (credo) del mio linguaggio. E' stata scattata sul Lungomare Cristoforo Colombo, un tratto di costa semi-abbandonato lungo 5,6 Km, tra Palermo ed il suo aeroporto. Su questo tratto di costa sorgono moltissime abitazioni abusive costruite tra gli anni '70 e '80 che per fortuna da qualche anno cominciano a diminuire grazie ad un opera di demolizione che durerà anni. Le case demolite lasciano squarci vuoti nei quali accade sempre qualcosa, dove c'è sempre qualcosa che sembra essere stata messa là per essere fotografata. Il bello di queste scene è che potrebbero essere lo spunto per decine di racconti. In realtà questo è uno scatto che identifica una parte della mia produzione: non rappresenta la mia passione per gli interni, per l'architettura e neanche quella per lo still-life, per˜ ci sono affezionato, ed è quello che mi viene in mente se devo pensare ad uno scatto per me rappresentativo.

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