domenica 28 gennaio 2018

Il Crepaccio Instagram Show _ interview with Caroline Corbetta

 Il Crepaccio Instagram show è il nuovo progetto digitale curato da Caroline Corbetta. Dalla vetrina di Lazzaro Palazzi 19 a Milano il progetto si trasferisce nella rete attraverso l'esposizione di lavori ad hoc degli artisti chiamati a parteciparvi. Instagram supera le barriere fisiche dello spazio espositivo e rende l'arte fruibile a tutti, ovunque essi siano, attraverso le immagini, una vetrina digitale per gli artisti che ruotano settimanalmente. Di seguito la mia intervista con Caroline, deus ex macchina del progetto.


Chi è Caroline Corbetta? qual'è il tuo percorso da curatrice?
Sono una persona che ha avuto la fortuna, e la determinazione, di poter fare della propria passione una professione. All'inizio pensavo di avere abbastanza talento per essere un'artista ma mi sono resa conto che non era così e così ho trovato la mia posizione all’interno del mondo dell’arte, accanto agli artisti, come curatore. Tutto è iniziato con un Master organizzato dalla comunità europea e dall’Accademia di Brera. Era la fine degli anni 90 ed è stata un’illuminazione: da artista frustrata sono diventata curatrice entusiasta. Come tutti ho iniziato facendo esperienze sul campo: dal seguire Giacinto Di Pietrantonio a Pescara per allestire un’edizione di Fuori Uso, nelll’ex mercato ortofrutticolo della città, al passare qualche mese come stagista al Castello di Rivoli quando, a dirigerlo, c’era ancora “la signora” Ida Gianelli.
Ho capito abbastanza presto che volevo affiancare l’attività di scrittura, come strumento di divulgazione, a quella curatoriale, e infatti dopo qualche recensione su Flash Art sono riuscita ad approdare, a Vogue grazie all’intuizione e alla generosità di Mariuccia Casadio. Altrettanto presto ho capito che volevo rimanere free-lance, collaborando con istituzioni ma anche ideando progetti indipendenti. I miei primi progetti curatoriali importanti ho potuto farli al Palazzo delle Papesse: da un’installazione di Letizia Cariello ad una grande mostra sugli artisti dei Paesi Nordici. E non era ancora arrivato il 2000. Nel tempo, poi, ho curato mostre per musei come il Moderna Museet di Stoccolma, il CACT di Salonicco e HEART di Herning ma mi sono anche inventata, e portata avanti in “autoproduzione”, progetti come Il Crepaccio. Essere indipendente è una scelta difficile, ma per me inevitabile, che rinnovo ogni giorno. Ho bisogno di cambiare rimanendo fedele a me stessa e alle mie “felici ossessioni” tra cui lo scouting e l’accessibilità dell’arte contemporanea.

Come nasce Il Crepaccio? qual'è la mission di questo progetto artistico?
Il Crepaccio, come ho raccontato tante volte, nasce durante un pranzo con Maurizio Cattelan nell’ ex trattoria milanese Il Carpaccio, nella primavera del 2012. Tra una chiacchiera e l’altra, discutendo di opportunità curatoriali (mancate) a Milano, è venuta fuori per scherzo l’opportunità di utilizzare una vetrina del ristorante in cui stavamo mangiando come mio spazio espositivo. Una battuta che ha cominciato a crescere dentro di me e dopo 15 giorni di riflessioni mi sono buttata…nel Crepaccio. Il nome l’ha inventato Maurizio e l’ho trovato perfetto per le intenzioni che avevo: usare la vetrina per dare un’opportunità di visibilità ai giovani artisti. Esibizionismo puro. Senza velleità commerciali. Ho pensato che non avevo nulla da perdere (in realtà all’epoca fare arte in bar e ristoranti non era cosi trendy come oggi…) ma che potevo sperimentare senza limitazioni di sorta se non quelle dettate dalle dimensioni minime dello spazio, e dal fatto di dover allestire in orari in cui non disturbavamo il servizio nel ristorante , e dalla mancanza totale di budget. È stato un progetto carico di energia intellettuale e fisica messa in gioco sia da parte mia che da parte di tutti quelli che vi hanno partecipato come artisti, curatori e spettatori. Energia spesa ma anche tanta energia ricevuta.


Dalla vetrina su strada a vetrina su intagram, mi racconti com'è evoluto il progetto? qual'è il ruolo del curatore all'interno del nuovo formato?
A fine 2016 Il Crepaccio ha chiuso i battenti perché è cambiata la gestione della trattoria e, soprattutto, perché per me era finito un ciclo. Quell’energia di cui ti parlavo prima, dopo 5 anni, in cui abbiamo portato Il Crepaccio anche alla Biennale di Venezia col Padiglione Crepaccio at yoox.com, si stava esaurendo. Ho deciso quindi di passare in rassegna il lavoro fatto e riordinando la documentazione dei vari progetti mi sono accorta che avevamo costruito qualcosa di importante raccogliendo intorno al Crepaccio 130 artisti con oltre 25 progetti curatoriali. Così ho messo tutto in ordine e a disposizione di tutti dentro ad un sito www.ilcrepaccio.org. Durante questo lavoro di catalogazione e flashback, provavo una sensazione di nostalgia positiva e quello, di solito, è lo stato d’animo in cui riesco a pensare meglio al futuro, a progettare nuove idee e infatti, in quel momento, ho concepito il CREPACCIO INSTAGRAM SHOW. Ovvero spostare Il Crepaccio dentro ad Instagram, rimanendo fuori da logiche commerciali e diventando ancora più esibizionisti visto che IG ha circa 800 milioni di utenti attivi al mese… Instagram come formato espositivo, come nuova vetrina del Crepaccio in cui chiedere agli artisti di lavorare in modo “site-specific” non portando immagini di opere già esistenti ma creando immagini ad hoc, realizzate per quel contesto. E’ una sfida che ho lanciato inizialmente ad un gruppo ristretto di artisti (ma che potenzialmente potrei estendere a tutti gli artisti del mondo!) per capire insieme se esiste ancora, nel flusso di immagini che vengono prodotte e condivise da tutti, una specificità, una differenza, dell’immagine artistica.
L’account instagram del Crepaccio esisteva già ma era sfruttato, poco e male, come cassa di risonanza delle attività espositive del Crepaccio nel “mondo reale”. Ora @ilcrepaccio è diventato la nuova vetrina del Crepaccio.
Come curatore non potevo esimermi dal mettere a fuoco un formato dentro al formato, per cui ho elaborato la formula de Il Crepaccio Instagram Show che è “1 artist / 5 days / a work a day”. Da una parte l’idea era di sostenere, proteggere gli artisti dando loro la possibilità di esprimersi con 5 immagini, elaborando una sorta di mini-personale che si sviluppa dal lunedi al venerdi, piuttosto che piegarsi alla dittatura della “one single image” che impera su IG. E in questa scelta è intervenuta anche la volontà di sottrarsi ad eventuali cambi futuri del layout di IG. Noi seguiamo la scansione temporale della settimana e quella nessuno potrà mai cambiarla.

Come avviene la selezione degli artisti che ne prendono parte e qual'è il "brief" che affidi loro?
Come sempre scelgo gli artisti perché mi interessa il loro lavoro, il loro pensiero. Non potrei mai lavorare con artisti che non apprezzo o non sento affini. Non è fondamentale che siano “digitali”, anzi. Il punto qui è proprio quello di accettare la sfida e di uscire da contesti protetti per tuffarsi nel flusso di IG - Vorrei capire, insieme agli artisti che invito, se in questa mega-flusso di immagini creative e pseudo-artistiche di Instagram ( e che IG stesso sollecita attraverso la creazione continua di nuovi filtri e funzioni che fanno sentire tutti degli “artisti”) c’è spazio per un tipo diverso di immaginario che non necessariamente punti ad una seduzione visiva immediata ma che chieda allo spettatore un coinvolgimento che non sia solo sensuale ma anche intellettuale. Insomma che sia arte e non creatività. Avendo iniziato da poco non so ancora quale sarà il risultato dell’esperimento. Ma sono felice di averlo avviato e di avere risposte molto positive dagli artisti. Il brief che affido loro è la formula di cui sopra: 5 post, uno per ogni giorno della settimana lavorativa. Per il resto possono fare quello che vogliono. E’ capitato con alcuni di confrontarsi sull’ordine di pubblicazione della sequenza, mentre altri hanno già chiaro lo sviluppo narrativo. C’è un dialogo artista-curatore che non è molto dissimile da quello che avviene in progetti molto più tradizionali. Per cominciare ho invitato artisti vicini, anche geograficamente. Ma il mio raggio di azione si sta espandendo.

Mi puoi raccontare dei progetti degli artisti coinvolti fino ad oggi? qual'è l'approccio degli artisti rispetto al mezzo digitale? molti di loro lavorano con mezzi totalmente differenti nella loro produzione artistica.
Finora gli approcci della dozzina di artisti che ho invitato (ho appena comnciato!) sono stati personali e diversi: c’è chi come Serena Vestrucci, prima artista del Crepaccio “originale” di via Lazzaro Palazzi, che, come madrina de IL CREPACCIO INSTAGRAM SHOW, ha lavorato sull’auto-fiction che ogni giorno facciamo di noi stessi sui social, postando delle foto che la vedono insieme ai Beatles, a Warhol o a Totò. Molto critico nei confronti della sfavillante e “dopata”estetica di IG anche Giovanni de Francesco che ha realizzato cinque fotografie b/n che rappresentano cinque lettere scritte con oggetti molto triviali, degli scarti addirittura, e che, nel corso della settimana, compongono la scritta NULLA. Riccardo Andujar ha creato foto e video che portano nell’immaginario social la pulsione di morte che è l’antitesi dell’ossessione di bellezza ed eterna giovinezza che regna in IG.
Il punto è proprio quello di non usare IG come vetrina del proprio lavoro ma pensarlo come ad un contesto dove sviluppare un diverso tipo di linguaggio e di riflessione che poi potranno confluire nella loro produzione artistica più tradizionale.



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