sabato 22 settembre 2018

Interview with Stefano Serretta

  Stefano Serretta è artista italiano classe 1987 i cui lavori sono caratterizzati da un impronta sociopolitica contemporanea. La ricerca all'interno del sistema è caratterizzata da connessioni e interazioni, da rimandi storici, passati e contemporanei, che si ripropongono. E' fra gli artisti esposti a That's IT al Mambo di Bolgona con l'opera Jossy; di seguito vi presento la mia intervista a Stefano.



Chi è stefano serretta e qual'è il percorso che ti ha portato a diventare artista?
Il mio è un percorso con molte deviazioni che parte dal rap e dai graffiti, attraversa una laurea in Storia Contemporanea e che dopo alcuni confronti più o meno riusciti con la prosa (tra questi il racconto L'impicciona, all'interno della raccolta Guida alle più bastarde vie del Mondo, Erga 2010) mi ha portato ad esprimermi nell'ambito delle arti visive, in cui sono riuscito a trovare una somma di contraddizioni e volontà espressive.

La tua ricerca artistica è caratterizzata da temi sociopolitici legati all'attualità, dal dollaro dello zimbawe all'11 settembre. Come avviene la tua ricerca e cosa la caratterizza?
In questa prima parte del mio lavoro mi sono mosso attraverso operazioni che definirei di “voyeurismo analitico”, attraverso cui indago la natura contraddittoria delle aspirazioni umane e lo scarto tra volontà e soppressione all'interno del sistema dominante, una società post-ideologica in cui tutti volente o nolente ci troviamo a vivere.

Fra i tuoi lavori mi ha colpito l'opera Threesome, tre francobolli siriani del 1969, mi puoi raccontare cosa rappresentano e qual'è il dialogo con essi?
Questo lavoro fa parte di un corpo di opere che riflettono sulla ridefinizione del concetto di icona operato dai gruppi terroristici islamici contemporanei, e sul rapporto subliminale tra iconoclastia e iconofilia insito nelle azioni di distruzione di reperti archeologici (da parte ad esempio di ISIS, ma non solo) e nella ipermediatizzazione delle immagini di tali azioni. Più precisamente, questi tre francobolli commemorativi sono stati realizzati in occasione del nono convegno internazionale di archeologia tenuto in Siria nel 1969 e raffigurano tre statue recuperate nella località di Palmira, sito devastato dall'azione di ISIS il cui clamore mediatico ha scosso fortemente l'opinione pubblica. L'azione che ho operato consiste nel cancellare con una lama da barba le tre staue, raschiandone via solo l'inchiostro della stampa senza rimuovere la carta, creando una sagoma in bilico tra presenza e assenza. Il titolo è un chiaro rimando alla dimensione pornografica della violenza espressa in questi contesti giocando direttamente con la struttura a trittico dell'opera.


Friends è un mandala composto da valute di differenti nazionalità. Cosa rappresenta il progetto?
Friends è un progetto che comincia nel 2013 e che porto avanti tutt'ora. Si tratta di una serie di mandala realizzati piegando a mano, una ad una, banconote di vario taglio e nazionalità, tutte di uso corrente, rimontate poi assecondando scelte cromatiche e geometriche a discapito del loro valore nominale. Si tratta di opere che hanno una lunga gestazione (fino ad oggi ne ho realizzati 5) poiché tutte le banconote che utilizzo mi sono portate da amici, parenti o conoscenti al ritorno da viaggi in giro per il mondo (da qui il titolo del progetto). Spesso e volentieri infatti si tratta di banconote di scarso valore economico ma di grande valore simbolico, sono il classico ricordo-feticcio che ti rimane in tasca o che conservi nel portafoglio al rientro da qualche paese più o meno esotico o lontano.

Landscape, una foto del deserto e due quadrati, uno nero e uno arancio, cosa raffigura quest'opera?
Landscape è un lavoro fatto “a caldo” nel 2015, subito dopo la messa in onda dei primi video delle decapitazioni da parte di ISIS. Stavo già lavorando intorno al tema della comunicazione operata da parte dei gruppi islamici radicali (mi sono laureato l'anno prima con una tesi intorno alle Torri Gemelle e alla loro distruzione), e sono rimasto immediatamente colpito dalla stratificazione di livelli simbolici presenti nel video della decapitazione di James Foley: dalla qualità della fotografia e del montaggio al deserto apparentemente infinito alle spalle dei due personaggi, dall'inglese fluente con l'arabo presente solo come sottotitolo all'utilizzo della divisa arancione da prigione americana (inaugurato in realtà da Al-Zarqawi con la decapitazione di Nick Berg nel 2004, per ritorsione contro gli abusi perpetrati nel carcere di Abu Grahib). In Landscape l'immagine di un vecchio atlante d'epoca coloniale viene ingrandito e oltre la sua misura e stampato come una fotografia, sulla quale vengono impressi successivamente con un torchio offsett due pattern quadrati che rappresentano i colori delle due divise. Le figure umane spariscono lasciando il campo due schieramenti assoluti, quello dei vincitori e quello dei vinti, campi da gioco potenzialmente interseca.

All'interno di That's IT troviamo il tuo lavoro Jossy, una serie di idoli prodotte in serie in differenti stati e colorazioni. Cosa rappresenta quest'opera e come si colloca nella tua produzione artistica?
Con Jossy (2018) ho voluto indagare la capitalizzazione del rapporto con il sacro e la relazione tra “merce” e “dono” all'interno della società contemporanea. Come spesso succede nel mio lavoro temporalità diverse si appiattiscono l'una sull'altra, portandomi a trattare il presente come la storia e la storia come il futuro, i fatti come la finzione e la finzione come la verità. In questo caso, si combinano diverse tradizioni riguardanti le offerte votive che vanno dagli ushabti egiziani all'esercito di terracotta fino alla rivisitazione in salsa contemporanea di una tradizione asiatica antica: i joss paper e gli hell money (banconote e riproduzioni di oggetti di uso comune fatti per essere bruciati come doni per i defunti). L'installazione è composta da statue con il corpo di uomo e la testa di animale (una rivisitazione del Moloch) realizzate interamente in cartapesta e trasfigurate in rovine senza tempo, la cui durata e distruzione entrano in relazione con la loro natura transitoria, provocando un cortocircuito tra il significato e il significante.

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