venerdì 24 aprile 2015

Interview with My Little House Taranto 3# _ Famiglia Cafarelli, Cristina Pancini and Fulvio Ravagnani

Il terzo appuntamento di My Little House ha avuto sede a Taranto Vecchia, un posto incantato nel sud Italia, da scoprire e da rivalutare. Il progetto consiste in una residenza artistica di 7 giorni all'interno della casa di una famiglia ospitante, l'obbiettivo è di creare interazione fra i diversi attori coinvolti in un modo inconsueto ed inusuale; al termine del periodo la casa apre al pubblico esponendo il risultato da questa convivenza. Il nuovo appuntamento di My Little House ha coinvolto da un lato la famiglia Cafarelli e dall'altro l'artista Cristina Pancini; di seguito vi propongo un intervista a tre voci coinvolgendo anche l'ideatore del progetto, Fulvio Ravagnani.


Famiglia Cafarelli: partiamo dall'inizio, quando hai accettato di prendere parte al progetto. Cosa ti ha attratto e come mai hai deciso di prendervi parte?
Ci è piaciuta molto l’idea di vivere un’esperienza così inconsueta con l’arte, un modo speciale per arricchire la sensibilità artistica dei nostri bambini e un’opportunità per condividere la nostra casa.

Famiglia Cafarelli: l'artista ha preso dimora per una settimana a casa vostra, com'è stata l'esperienza? cosa vi resterà di questa settimana?
E’ stata un’esperienza nuova, affascinante e al contempo “familiare”; si è subito creato un legame forte con l’artista, una confidenza ed una complicità che ci ha sorpresi e che certamente non è frutto del caso ma della scelta accurata dell’ideatore del progetto che ha saputo abbinare famiglia e artista. Speravamo in un coinvolgimento dei nostri bambini ma non ci aspettavamo che avrebbero potuto partecipare così attivamente, Cristina ha saputo coinvolgere tutta la famiglia e la nostra cerchia di amici in un progetto articolato ed emozionante che ha interessato anche la cittadinanza di Taranto. Ci rimane la gioia di aver condiviso la nostra casa e la nostra intimità con Cristina, una persona genuina ed entusiasta della vita; la conferma di aver riposto la nostra fiducia in un team professionale e affiatato che ha centrato l’obiettivo di rendere l’arte fruibile a tutti. Ci restano le relazioni nate grazie a questo progetto e la vicinanza di parenti e amici che hanno condiviso con entusiasmo questa esperienza. Ci resta l’opera della quale siamo orgogliosi, il frutto della My Little House tarantina che è diventato un elemento caratterizzante della nostra casa.

Cristina Pancini: cosa ti ha colpito e com'è stato il tuo rapporto con la casa e con la famiglia proprietaria?
Sono partita per Taranto Vecchia carica di paure e con un grande senso di responsabilità: le tematiche che avrei affrontato sarebbero state pesanti, scomode e irritanti. Oltre le mie attese, sono stata accolta con la gioia e con la generosità di chi, nonostante tutto, ci tiene a mostrarti le bellezze di “casa”. Le case, a Taranto Vecchia, sono inscindibili, più che in altri luoghi, dalla città. Perché si lotta per mantenerle in vita. Per questo, credo, in quella casa, sono passate ed hanno dato un prezioso contributo moltissime persone. Mi sono da subito resa conto che a condividere le mie paure e le mie intenzioni saremmo sati in molti, perché mai mi hanno fatta sentire un’estranea. Ne sono nate amicizie.

Cristina Pancini: cosa porterai con te da quest'esperienza? ci puoi raccontare un aneddoto?
Grazie a questa esperienza ho rafforzato in me un sentimento così forte da non prevedere sbavature, quello di urgenza di fronte a situazioni scomode. Credo che l’incredibile coinvolgimento, le tante risate e la commozione di quei giorni abbiano avuto origine da lì. Delle persone che ho conosciuto, porterò con me la vitalità, il coraggio e la fiducia nel perseverare, nel lottare per il futuro dei loro bambini e della loro terra. Soprattutto, porterò con me la resistenza nel sostenere la bellezza, oltre i soprusi. Di aneddoti ne abbiamo vissuti molti ma, più di tutto, una frase mi ha colpita, quella di un bimbo che alla domanda: ”Ma gli esseri umani,  nel paesaggio in cui vorreste vivere, ce li mettiamo?” ,  ha seccamente e profondamente risposto: “no, altrimenti costruiscono un’altra Ilva”.

Cristina Pancini: vorrei che mi parlassi delle opere che sono nate da questa residenza e come si collocano all'interno dello spazio espositivo: la casa della famiglia Cafarelli?
Per parlare delle opere e della grande opera En plein air devo parlare di un percorso. Taranto Vecchia ho iniziato a conoscerla da lontano, attraverso libri, video e racconti di amici di lì. Mi è stato subito chiaro che il tema su cui avrei lavorato sarebbe stato l’Ilva.  Impossibile andare a Taranto e ignorare un problema così influente. Non potevo però essere io a parlarne, non ne avrei avuto l’esperienza . E’ nato così En plein Air, approccio diretto verso la natura e titolo tendenzialmente cinico di questo progetto. Una lezione di storia del paesaggio in pittura ha dato inizio a tutto. Seduti comodamente in salotto, un gruppo di adulti , la famiglia Cafarelli ed alcuni loro amici,  hanno ascoltato la storia dei pittori di Barbizon, ritiratisi a partire dal 1830 nei pressi della Foresta di Fontainbleau per allontanarsi da città alterate dall’industrializzazione e vivere così a stretto contatto con la natura e dipingere En plein air. En plein air appunto, è stata la seconda fase del progetto che ha visto tredici adulti concentrati e resistenti (quanto ha piovuto!) dipingere dal vero una delle vedute più scomode d’Italia, quella che dal Mar Piccolo si affaccia sull’Ilva. Con i dipinti degli adulti in mano, sono corsa a casa per sottoporli ai bambini che hanno dato il via alla magnifica e significativa conclusione di questo lavoro. I dipinti degli adulti, eredità di paesaggio deturpato e problematico, sono stati ritagliati dai bimbi e da loro riutilizzati per creare “il paesaggio in cui ci piacerebbe vivere”.  Su di un foglio di circa due metri per un metro e mezzo , in un confronto costante e ragionato, hanno preso forma  la sabbia, il mare, tre alberi giganti, nuvole da cui piovono diamanti commestibili, Kingo collo lungo, il pesce tromba, la scimmia cavalletta alata, il cavallo camaleonte, una para-monglfiera e tanti altri. Il grande paesaggio resterà dove è nato, a casa della Famiglia Cafarelli, perché è lì che ha valore.

Per concluedere ora tocca al curatore, l'artefice, di My Little House; Mr. Ravagnani, vorrei una review da parte sue di questa terza edizione del progetto? e del rapporto che si è instaurato fra la Famiglia Cafarelli, l'artista e il territorio: 
La cosa più interessante è che alla terza edizione, continuiamo a stupirci e a imparare da My Little House. Mi accorgo che è un progetto che cresce e si evolve naturalmente, che ci permette di sperimentare in continuazione sulle metodologie di progettazione artistica e didattica. Quindi penso non ci stuferemo mai.

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