sabato 21 febbraio 2015

Interview with Alessandro d'Aquila



Il processo creativo di Alessandro d'Aquila, classe 1989, riguarda la sitetizzazione delle immagini, attraverso l'elaborazione digitale e lo svuotamento di paesaggi e figura in modo tale da far emergere solo i tratti essenziali decontestualizzando l'immagine iniziale. Una risposta artistica al contemporaneo che esula dallo spazio e dal tempo. Le opere sono caratterizzate dal linguaggio braille, una codifica che risponde al senso di smarrimento dato dai soggetti delle opere ma che allo stesso tempo elimina ogni disparità e pone sullo stesso piano lo spettatore che diventa attore nell'interazione con l'opera.
Ad TUB l'artista presenta il suo nuovo progetto "Polaroid Sintetiche" dove viene riassunto l'estetica dell'analogico e l'azione/interazione dell'artista. Con l'intervista che vi propongo di seguito conosciamo anche il curatore dello spazio TUB in cui il progetto di Alessandro d'Aquila è esposto.


Chi è Alessando d'Aquila? Alessandro è un ragazzo che prova, non senza difficoltà, a comunicare la sua visione della realtà. Una realtà senza mutevoli dettagli e forme arzigogolate. Una realtà elementare come non sappiamo più vederla.
Il tuo lavoro è contraddistinto dal linguaggio braille e dalla sintetizzazione delle immagini.Come avviene questo processo e come nascono le tue opere?
Il mio lavoro nasce dall'esigenza di comunicare un problema: oggi siamo bombardati di immagini e, più concettualmente, da suggestioni visive. Lo siamo al punto da osservare la foto di un gattino e quella di un giornalista sgozzato e di non impressionarci più. Non "metabolizziamo" un'immagine. Non la "assimiliamo". Per questo motivo, e forse per molti altri, cerco di creare una rottura con l'osservatore, provando a farlo con piccoli colpi bassi. Usare il linguaggio braille è una provocazione, una forma di atto violento nei confronti dello stesso vedente che non capisce. La rottura è alla base dell'instaurazione di un nuovo legame con l'osservatore, basato su suggestioni e immagini ridotte a semplici forme di colore, da riempire con la propria fantasia. Ecco, in quel momento di rottura sto dialogando davvero con chi sta guardando un mio lavoro. 
Una parte del tuo lavoro riguarda i "Ritratti senza Volto". Cosa punti ad esprimere con questi lavori? I ritratti sono un'evoluzione di questo concetto. Porto all'estremo l'idea che possiamo riconoscere una persona anche senza i suoi tratti distintivi. Possiamo riconoscerla percependo la sua forma di massima e, forse, la sua anima. Ecco che in quel momento siamo in grado di leggere anche il braille.
I tuoi ultimi lavori consistono in una serie di Polaroid ritoccate, sempre con il linguaggio braille. Sono una serie di opere che iniziano con uno scatto analogico ma che si concludono con l'intervento dell'artista. Che valenza hanno all'interno della tua produzione? Le Polaroid Sintetiche sono un nuovo progetto al quale sono molto legato. Ho sempre amato la fotografia, ma non ho mai "scattato" per timore reverenziale. Sai, il mondo è pieno di fotografi bravissimi, che impatto avrei mai potuto dare? Che visione? Uhm...visione. Ecco, quando ho capito che avrei potuto intervenire sulla realtà stessa e manipolarla secondo le mie idee, ho deciso di iniziare. La scelta della Polaroid è principalmente voluta a questa mania di ricerca del supporto. Inoltre trovo paradossale che un'immagine impressa istantaneamente, abbia una fase di "fotoritocco" successiva. Il braille diventa un "appunto", una suggestione in più, che tanto l'osservatore non capirà.
Queste opere sono esposte presso TUB, una galleria d'arte giovane ed indipendente. Puoi parlarmi di questa mostra? Ho scelto TUB perché aveva due caratteristiche principali. Uno, è in Abruzzo. Casa mia. luogo dove ho partorito il progetto e luogo al quale lo dedico. Due, ha sempre creduto in me con la forza e il coraggio di un giovane, un giovane pazzo. Il suo fondatore Lorenzo Marone è mio coetaneo e lo definisco il più lungimirante gallerista del mondo, ma forse sono di parte!

Il Curatore dello Spazio TUB
Come nasce TUB e qual'è la sua mission?
Tub non è propriamente nato in un momento specifico o da una particolare idea questo posto non è altro che il sunto di quelle che sono state le mie esperienze e le mie passioni, che unitesi hanno avuto il bisogno di prendere forma e vita in qualcosa di concreto e reale. Fin da piccolo sono stato appassionato d’arte ed andando avanti negli anni questa passione si è trasformata quasi in un’ossessione portandomi a visitare, viaggiare e conoscere sempre nuovi mondi e nuove correnti artistiche, arrivando a far diventare questa passione prima materia dei miei studi e poi in un vero e proprio lavoro; dopo un’esperienza come gallerista all’interno dell’amministrazione pubblica ho toccato con mano i limiti e le difficoltà di accogliere artisti emergenti e nuove forme espressive all’interno delle strutture museali pubbliche, ritrovandomi in un sistema dell’arte cristallizzato, da qui ho sentito la necessità ed il bisogno in “ primis “ per me stesso di creare uno spazio espositivo completamente scevro da pre-concetti e limitazioni dando così la possibilità a giovani artisti e non di far conoscere la propria arte. La formula scelta per fare ciò è stata quella di creare due attività parallele all’interno della stessa struttura, anche il nome scelto rispecchia perfettamente il concetto che è alla base dell’idea cioè THE URBAN BOX tradotto vuol dire la “ IL CONTENITORE URBANO “ quindi uno spazio dove inserire idee, fatto dalle persone per le persone. Fisicamente lo spazio si divide in due parti al piano terra abbiamo una boutique d’abbigliamento dove i marchi selezionati hanno un diretto legame con il mondo dell’arte in quanto creati da artisti, mentre al primo piano si sviluppa lo spazio espositivo, uno spazio bianco dove gli operatori artistici hanno completa libertà di espressione. Grazie a questo connubio sia fisicamente ma anche economicamente la galleria poggia sopra l’abbigliamento dando modo così di far esporre gratuitamente.

Vorrei che mi parlassi del progetto esposto da Alessandro d'Aquila "Polaroid sintetiche", cosa troviamo in mostra?
La mostra “Polaroid Sintetiche” di Alessandro D’Aquila è stata fortemente voluta da me, il legame che unisce me e questo artista esula da quello strettamente lavorativo ormai collaboriamo da quasi due anni, quando lo conobbi rimasi folgorato dai suoi lavori di grafica minimalisti ma allo stesso tempo carichi di potenza espressiva. Abbiamo dato vita a diverse mostre, sempre di successo e qualità, grazie all’inarrestabile ricerca grafico-espressiva di Alessandro che sa far evolvere la sua arte sempre verso nuovi orizzonti comunicativi rimanendo però ben identificabile nello stile. Quando qualche mese fa vidi la prima Polaroid trattata con piccoli segni pittorici mi innamorai subito e gli chiesi di creare una mostra, quello che vedrete sabato è il risultato di questo percorso fatto di amicizia stima reciproca e tanta bravura.

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